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this is a bilingual blog written by a single mom who is like many others but who somehow is also different :-)
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giovedì 25 aprile 2013

la prima volta che ho mangiato i piselli davvero


Gilberto era il nonno di Barbara, ma poteva tranquillamente essere anche il mio, tanto era il tempo che io, che dalla morte del babbo mi son sempre sentita una senza famiglia, trascorrevo a casa sua. C’erano famiglie che diventavano automaticamente la mia (seconda, terza, quarta…), per osmosi. La sua era una di quelle. Così Gilberto, in fondo, era un po’ anche mio nonno. Perfino se era talmente giovane da esser assai poco credibile come nonno persino per Barbara, che sua nipote lo era per davvero ma che invece lo chiamava papà.

Aveva occhi vivi e scuri, braccia grandi, capelli folti e mani magiche. Credo che oggi lo definirebbero un pranoterapeuta o roba così. Allora lo chiamavano semplicemente “il mago”. Il suo vocione tradiva l’accento garfagnino della nascita dietro la cadenza francese presa da sfollato oltre confine in tempo di guerra. Lui, per dire, Barbara l’ha sempre chiamata Barbarà. Aveva l’aria da burbero, e invece aveva un cuore grande così.

Quando non lavorava e gli veniva a noia di stare in città, si esiliava volontariamente a Vecoli, dove possedeva un largo appezzamento di terreno coltivato a orto con ogni ben di dio e un prefabbricato che per lui – e per tutti coloro che gravitavano attorno alla sua orbita – era una sorta di residenza estiva, un po’ quel che Schönbrunn doveva aver rappresentato per gli Asburgo quando fuggivano dalle mura del Hofburg.

Gilberto vangava, arava, seminava, zappava senza sosta e la Beppina, la su’ moglie, cucinava, discorreva, s’arrabattava e badava a mettere in dispensa o in congelatore i frutti del raccolto.

Io, che provenivo da una città ancor più città di quanto non fosse Lucca, avevo viaggiato per laghi, per mari e per monti, ma la campagna, quella vera, proprio non l’avevo vista mai. Le pesche per me avevano ragion d’essere soltanto dentro alle cassette di legno dell’ortolano, le fave manco sapevo che esistessero e i piselli potevano esser solo in scatola e Cirio. Forse – ma non posso dirlo con assoluta certezza – studiando Darwin mi si era instillato il dubbio che *prima* di finire in scatola potessero magari avere un altro aspetto, tuttavia non credevo differissero di molto da ciò a cui ero abituata. Ad ogni buon conto, so per certo di aver scoperto l’esistenza dei baccelli soltanto a Vecoli.

Ricordo un’atmosfera calda e gioviale, vino ne’ fiaschi, la Beppina che trafficava in su e in giù (non sta mai ferma quella donna, manco ora che ha ottant’anni!), la sua amica Palmira che friggeva frati nemmeno dovesse sfamare un reggimento ( e tutti, attorno, a cercare di carpirle la ricetta che lei si tenne sempre bella stretta e segreta), e ricordo risa, chiacchiere e fave gnude e pecorino fresco e olive piccole, in salamoia. E l’olio novo. E i piselli. Ciotole colme di piselli sgranati, grossi e sodi e di un bel verde brillante. La nuance verde pisello fu per me, in effetti, un’altra scoperta, abituata com’ero al verde stantio di quelli in scatola. Ma ciò che mi lasciò più basita, dopo che la Beppina li ebbe cucinati, furono la consistenza ed il sapore. Nulla a che vedere col molliccio e col retrogusto da brodo di lattuga zuccheroso e dolciastro dei Cirio, ovviamente. Dev’esser stato allora, quella prima volta che ho mangiato i piselli davvero, che ho imparato che può esister la dolcezza anche se non c’è zucchero. Un po' come in amore.
 
Da allora, ogni volta che posso, quand’è stagione, compro piselli freschi. E, ogni volta, mentre li sgrano, ripenso a Gilberto, ai suoi occhi neri, alle sue mani forti e al suo cuore grande.

© singlemamafranny - all rights reserved
 questo (non) racconto partecipa all'EDS ipogeusia de La Donna Camèl insieme a

giovedì 6 gennaio 2011

mi sono innamorata di un cavallo

l'ultima volta che mi era toccata in sorte l'impresa, al cinema del beato colle davano le winx. sì, lo so, ho generato un maschio. ma dato che all'asilo (anatema mi colga! alla scuola materna!) è circondato da un nugolo di bimbette che gli parlano di hello kitty e delle winx come fossero mostri sacri irrinunciabili nella vita, mi è toccato anche quello. del film non ricordo nulla, tanto mi è parso orrendo.

oggi è andata decisamente meglio. e mi sono innamorata del cavallo.
di rapunzel (raperonzolo, la chiamava lei) mi raccontava mia nonna, mille anni fa. ora, i casi sono due: o io non ricordo un bel nulla della storia, oppure mia nonna se la inventava di sana pianta (propendo per la seconda ipotesi, conoscendo mia nonna...) perché rispetto alla versione di allora nel film ho ritrovato soltanto la torre e i lunghi capelli gettati dalla finestra.

anyway, dopo il rientro a casa sotto una pioggerellina fastidiosa e con l'umidità a farsi strada nelle ossa nonostante i quattro passi malcontati, ho infilato il pargolo nel dietromassaggio (come lo chiama lui) e poi mi ci sono infilata anch'io. e adesso mi sento pronta per una coperta di lana e per il mio libro del destino.