Gilberto era il nonno
di Barbara, ma poteva tranquillamente essere anche il mio, tanto era il tempo
che io, che dalla morte del babbo mi son sempre sentita una senza famiglia, trascorrevo
a casa sua. C’erano famiglie che diventavano automaticamente la mia (seconda,
terza, quarta…), per osmosi. La sua era una di quelle. Così Gilberto, in fondo,
era un po’ anche mio nonno. Perfino se era talmente giovane da esser assai poco
credibile come nonno persino per Barbara, che sua nipote lo era per davvero ma
che invece lo chiamava papà.
Aveva occhi vivi e
scuri, braccia grandi, capelli folti e mani magiche. Credo che oggi lo definirebbero
un pranoterapeuta o roba così. Allora lo chiamavano semplicemente “il mago”. Il
suo vocione tradiva l’accento garfagnino della nascita dietro la cadenza
francese presa da sfollato oltre confine in tempo di guerra. Lui, per dire,
Barbara l’ha sempre chiamata Barbarà. Aveva
l’aria da burbero, e invece aveva un cuore grande così.
Quando non lavorava e gli
veniva a noia di stare in città, si esiliava volontariamente a Vecoli, dove possedeva
un largo appezzamento di terreno coltivato a orto con ogni ben di dio e un
prefabbricato che per lui – e per tutti coloro che gravitavano attorno alla sua
orbita – era una sorta di residenza estiva, un po’ quel che Schönbrunn doveva
aver rappresentato per gli Asburgo quando fuggivano dalle mura del Hofburg.
Gilberto vangava,
arava, seminava, zappava senza sosta e la Beppina, la su’ moglie, cucinava, discorreva, s’arrabattava e badava a
mettere in dispensa o in congelatore i frutti del raccolto.
Io, che provenivo da
una città ancor più città di quanto non fosse Lucca, avevo viaggiato per laghi,
per mari e per monti, ma la campagna, quella vera, proprio non l’avevo vista mai.
Le pesche per me avevano ragion d’essere soltanto dentro alle cassette di legno
dell’ortolano, le fave manco sapevo che esistessero e i piselli potevano esser
solo in scatola e Cirio. Forse – ma non posso dirlo con assoluta certezza –
studiando Darwin mi si era instillato il dubbio che *prima* di finire in
scatola potessero magari avere un altro aspetto, tuttavia non credevo
differissero di molto da ciò a cui ero abituata. Ad ogni buon conto, so per
certo di aver scoperto l’esistenza dei baccelli soltanto a Vecoli.
Ricordo un’atmosfera
calda e gioviale, vino ne’ fiaschi, la
Beppina che trafficava in su e in giù (non sta mai ferma quella donna, manco
ora che ha ottant’anni!), la sua amica Palmira che friggeva frati nemmeno
dovesse sfamare un reggimento ( e tutti, attorno, a cercare di carpirle
la ricetta che lei si tenne sempre bella stretta e segreta), e ricordo risa, chiacchiere
e fave gnude e pecorino fresco e
olive piccole, in salamoia. E l’olio novo.
E i piselli. Ciotole colme di piselli sgranati, grossi e sodi e di un bel verde
brillante. La nuance verde pisello fu per me, in effetti, un’altra scoperta,
abituata com’ero al verde stantio di quelli in scatola. Ma ciò che mi lasciò più
basita, dopo che la Beppina li ebbe cucinati, furono la consistenza ed il
sapore. Nulla a che vedere col molliccio e col retrogusto da brodo di lattuga zuccheroso
e dolciastro dei Cirio, ovviamente. Dev’esser stato allora, quella prima volta
che ho mangiato i piselli davvero, che ho imparato che può esister la dolcezza
anche se non c’è zucchero. Un po' come in amore.
Da allora, ogni volta che posso, quand’è stagione,
compro piselli freschi. E, ogni volta, mentre li sgrano, ripenso a Gilberto, ai suoi occhi
neri, alle sue mani forti e al suo cuore grande.© singlemamafranny - all rights reserved |
questo (non) racconto partecipa all'EDS ipogeusia de La Donna Camèl insieme a
Sto sorridendo. Perché giusto oggi Emmepiccola ha capito che i piselli non crescono sotto forma di pallini sui rami degli alberi ma dentro un baccello. Non ti dico nel contesto di quale discorso, avrei paura di rovinare la poesia del post.
RispondiEliminati ringrazio per avermi risparmiato il contesto (e rido a prescindere...)
Elimina"[...]può esister la dolcezza anche se non c’è zucchero. Un po' come in amore." :-)
RispondiEliminami piace ! manco l'avessi scritta io ;-)
Elimina(prima che Hombre mi sputi in un occhio: il punto esclamativo non doveva esser staccato, dovevano essercene due...)
EliminaCosa sono i frati fritti??? Diavolerie toscane suppongo, roba da mangiapreti. E per questo, guarda un po', mi interessano :-)
RispondiEliminasostanzialmente ciambelle col buco e lo zucchero intorno. una roba caloricissima. il babbo da bambina mi portava da piero, un baracchino fuori le mura, a mangiarli. ma io non son golosa di dolci. e quel pomeriggio lì, mentre tutti si ingozzavano di frati, io mangiavo piselli e fave e pecorino e olive. a nastro. :-)
EliminaCiao, bentornata tra quelli degli EDS!
RispondiEliminaBello, scrivi sempre benissimo tu e ci metti sempre tutto il cuore ♥
grazie cara!!! ♥
EliminaBellissimo spaccato di vita che mi riporta alla mia infanzia, allo sgranare dei baccelli sul terrazzo di casa, quelli coltivati con passione, amore e dedizione dai miei nonni... lavoro puntualmente assegnato a me, nelle calde ore di punta, appena prima del "desinare", come rammento lo chiamava mio padre, il che faceva sì che su tre piselli due non arrivassero alla ciotola ma venissero deviati al mio pancino di bambina... bellissimo il leggere i tocchi, qua e là, della parlata che da sempre ho sentito in casa mia, quella del "mi' babbo" pistoiese... mi hai donato una ventata di infanzia!
RispondiEliminaCiao, Tatiana
oh, il desinare... si usava anche da me.
Eliminaciao e bentrovata :-)
Frati fritti, mangiapreti e nonni altrui: bello!
RispondiEliminaeheheh... grazie :))
EliminaMi sa di racconto autobiografico e forse per questo sa di buono (piselli a parte che freschi sono proprio un'altra cosa)
RispondiEliminaparecchio autobiografico, sì. grazie
EliminaMia mamma non era bona a fare i piselli, per questo li ho sempre scansati... Ho scoperto tardi che potevano riservare delle soddisfazioni (sempre intesi come ortaggi).
RispondiEliminaI baccelli invece, le fave fresche, per me sono il massimo. Pecorino e baccelli, ecco forse dovrei scriverne per i bolognesi, per esempio, che noi le diamo ai maiali.
Bella storia!
(meno male che hai specificato...)
Eliminafave e pecorino. e olive. potrei uccidere forse per meno.
Devo essere incappata dentro una qualche trappola della moderazione perché non vedo comparire il mio commento, vecchio di ormai due o tre giorni...
RispondiEliminanon sei incappata da nessuna parte, sono io che dormo... (e i commenti mi si nascondono tra lo spam sì, quello sì...)
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